Cosa fa la differenza fra chi apprende rapidamente e chi no
DIANE RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 08 giugno 2019.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
È esperienza comune che alcune persone apprendono
rapidamente ed efficientemente nozioni, ragionamenti e strategie
comportamentali nei contesti più diversi ed altre sembrano sempre impreparate
di fronte alla necessità di apprendere e, in genere, acquisiscono le stesse
memorie a fatica o solo dopo varie ripetizioni. Si conoscono numerose ragioni
di queste differenze e, nei percorsi ordinari di studio in molti ordinamenti
scolastici, è previsto l’impiego di tecniche e strategie per migliorare le
prestazioni dei meno dotati.
Nell’età della scuola primaria, quando gli insegnanti
rilevano che gli esiti dell’impegno degli scolari sono decisamente inferiori
alla media, si richiede una valutazione professionale che porta ad una diagnosi
cognitiva, alla quale spesso fa seguito l’indicazione di uno specifico training che, con metodi che vanno dal
PQRST[1] alle
batterie computerizzate, in genere sortisce effetti notevolmente positivi,
giungendo a migliorare le abilità del bambino oltre il livello della media. La
chiave di questi nuovi metodi consiste in due specifici passi: 1) testing the limits e 2) train to supraspan. In altri termini, si
misurano specifici parametri e si porta, un passo alla volta, il bambino a
superare i propri limiti attraverso strategie di apprendimento e
proceduralizzazione delle acquisizioni, così da espandere le risorse del
sostrato neurobiologico difettuale. Sul sostrato neuropatologico dei disturbi
dell’apprendimento in età evolutiva, e allo stesso modo sulla base dei disturbi
acquisiti dell’età adulta, si dispone di un notevole bagaglio di nozioni circa
le cause e i correlati fisiopatologici, ma al quesito relativo a cosa faccia la
differenza fra due persone normodotate che apprendono con tempi ed efficienza
molto diversi si può rispondere solo con vaghe ipotesi su differenze nella velocità centrale di processo e numero
di neuroni e sinapsi nei circuiti chiave.
Uno studio multidisciplinare ha affrontato questo
problema giungendo a conclusioni di grande interesse.
(Tang E., et al. Effective learning is accompanied by high-dimensional and efficient
representations of neural activity. Nature Neuroscience 22, 1000-1009, June 2019).
La provenienza degli autori è
la seguente: Department of Bioengineering, School of Engineering & Applied
Science, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department of
Living Matter Physics, Max Planck Institute for Dynamics and Self-Organization,
Göttingen (Germania); Department of Psychology, College of Arts and Sciences,
University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department of Physics &
Astronomy, College of Arts and Sciences, University of Pennsylvania,
Philadelphia, PA (USA); Department of Neurology, Perelman School of Medicine,
University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department of Psychiatry,
Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA
(USA); Department of Mathematical Sciences, College of Arts and Sciences,
University of Delaware, Newark, DE (USA);
Un processo cognitivo fondamentale nell’apprendimento è mappare – nel
significato adottato da Edelman per l’esposizione della sua teoria – il valore e l’identità propri degli oggetti rappresentati dall’attività neurale
che elabora la percezione. Questo processo, indicato da Giuseppe Perrella come
il modo adottato dal cervello per appropriarsi
del mondo circostante, si sviluppa in una dimensione di spazi neurali ancora difficili da
definire, perché il loro studio risulta quanto mai problematico. Evelyn Tang e
colleghi sottolineano che, fino alla realizzazione del loro progetto di
ricerca, non si riusciva a comprendere quale fosse la dimensione spaziale
migliore per ospitare tali mappe. La collaborazione fra istituti
neuroscientifici e il Dipartimento di Fisica della Materia Vivente
dell’Istituto Max Planck per la Dinamica e l’Auto-Organizzazione, il
Dipartimento di Matematica dell’Università del Delaware, e i Dipartimenti di
Bioingegneria, Ingegneria Elettrica e dei Sistemi dell’Università della
Pennsylvania, ha consentito di elaborare un metodo per analizzare gli spazi
neurali attivi durante l’apprendimento, così come si possono ricostruire dalle
immagini del cervello di volontari, ottenute mediante la metodica della
risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional
magnetic resonance imaging).
I ricercatori hanno realizzato strumenti - per la cui descrizione tecnica
si rimanda al testo integrale dell’articolo originale - in grado di definire quantitativamente lo spazio e l’organizzazione del processo di formazione delle mappe di valore e
identità nelle risposte neurali
registrate mediante fMRI. In tal modo, è risultato evidente che coloro che sono
in grado di apprendere rapidamente (quick
learners) hanno una rappresentazione
dimensionale notevolmente maggiore di quella sviluppata da coloro che
acquisiscono a fatica (slow learners).
Questa dicotomia rende particolarmente evidente la differenza nelle risposte
globali, ossia nell’attivazione dell’intero cervello (whole brain response), che risulta facilmente distinguibile nella
reazione ad oggetti di differente valore. In altre parole, la maggiore rappresentazione spaziale nella
formazione delle mappe amplifica la
risposta cerebrale globale alle differenze di valore.
L’analisi dello spazio neurale e della sua organizzazione ha rivelato anche
che i quick learners presentano un’inclusione più compatta delle loro
risposte neurali; da questa caratteristica derivano delle ratio più elevate della dimensione degli stimoli per quella
dell’inclusione, ossia una condizione che consente una maggiore efficienza nella codifica
cognitiva.
Nell’ultima parte della ricerca, Evelyn Tang e colleghi hanno indagato le
guide neurofisiologiche in scale dimensionali minori e hanno studiato la possibilità
di distinzione complementare delle risposte dell’intero cervello.
Nell’insieme, questo interessante lavoro, oltre a fornire una
caratterizzazione differenziale tra efficienza e inefficienza fisiologica
nell’apprendimento in termini di spazio e organizzazione dell’attività neurale
specifica, dimostra più in generale l’esistenza di un’organizzazione spaziale delle risposte
neurali associate all’abilità di apprendere,
e propone misure geometriche applicabili
all’identificazione della codifica
efficiente nei processi cognitivi di ordine superiore.
L’autrice
della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono
nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella
pagina “CERCA”).
Diane
Richmond
BM&L-08 giugno
2019
________________________________________________________________________________________________________________________________________________
La Società
Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society
of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1]
Introdotto in
riabilitazione cognitiva dal nostro presidente, è ora impiegato anche in
versioni computerizzate. Denominato dall’acronimo di Preview, Question, Read, State and Test, che indica i passi della
procedura, consiste in un test-training
strutturato per livelli progressivi di apprendimento con verifiche in base alle
quali si decide se proseguire l’esercizio per quel livello o passare al livello
successivo.